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Sorta nel 1304 nell'orto del Colombro, su suolo donato da Filippo principe di Taranto, a opera dei padri minori conventuali, la chiesa di San Francesco ebbe sicuramente caratteri gotici e li mantenne fino al 1615 quando subì grosse trasformazioni e fu in gran parte ricostruita. Nella seconda metà del settecento i francescani dopo avere ricostruito il convento su progetto dell'architetto Pietro Magarelli provvidero anche a risistemare la chiesa. La facciata fu progettata nel 1883 dall'architetto Gaetano Jurleo per armonizzarla con il prospetto del Palazzo di Città, opera di Ferdinando Ayroldi, sviluppatosi sulla ridefinizione dell'antico convento. Sembra costituire unico complesso con il prospetto della casa comunale, ma se ne distingue per una maggiore sontuosità, dovuta a un sovraccarico di elementi decorativi. La facciata, dedicata alla Gloriosae Reginae Mundi, divisa in due bande dal cornicione che la attraversa a metà della sua altezza, ha in alto una finestra di ispirazione romanica che ne aumenta lo slancio e accentua la preziosità dell'insieme. Nella parte inferiore spiccano due statue in marmo di Carrara, dello scultore ostunese Francesco Bagnulo, collocate nel 1935 nelle due nicchie a lato del portone: San Francesco d'Assisi e Sant'Antonio di Padova. La porta, collocata nel 1985, è di bronzo e celebra la vita di san Francesco. Struttura e decorazione della chiesa attuale appartengono agli ampliamenti e rifacimenti settecenteschi. L'interno, a navata unica, presenta un impaginato omogeneo nelle linee e negli ornati. L'altare maggiore è quello del presbiterio, realizzato con intarsi di marmi preziosi. L'organo è del 1882 ed è stato costruito da Tommaso Alvano di Napoli. La balaustra della elegante cantoria porta una scritta in latino che indica nel 1780 l'anno della costruzione dell'altare maggiore.
L'altare dedicato all'Immacolata, sul Iato sinistro del transetto, quasi coevo a quello del presbiterio, pur nella diversità di stile, è più sobrio e più imponente. È da ammirare il tronetto del Santissimo al di sopra del tabernacolo, con i quattro cherubini.
Gli altri altari, lavorati in pietra gentile, sono da attribuirsi ai fratelli Morgese. Quello del transetto ripete in pietra locale le linee dell'altare che gli sta di fronte, imitandone per approssimazione la forma e i colori del marmo. Su quest'ultimo altare vi è un bassorilievo in cartapesta della Madonna del Rosario di Raffaele Caretta, maestro leccese, de1 1917.
Vi sono infine quattro altari della navata, più piccoli, ma estremamente raffinati e graziosi, dedicati il primo e il secondo a destra entrando a Sant'Agostino e alla Madonna Addolorata. Nelle nicchie sono le rispettive statue: quella di Sant'Agostino, lignea, è secentesca. Nel secondo altare vi è anche il Cristo Morto, simulacro che la confraternita portava in processione assieme all'Addolorata e agli altri misteri al mattino del Venerdì Santo, sino agli anni 50 del '900.
Sul pilastro sinistro, prima del vano dominato dalla cupola, è il pulpito in pietra che ha al centro lo stemma francescano, della stessa epoca e fattura degli altari minori.
Al lato sinistro vi sono i due altari dedicati alla Sacra Famiglia e a Sant'Antonio di Padova. Sul primo vi è una tela del settecento; sul secondo un bassorilievo in cartapesta, firmato da Raffaele Caretta, del 1919. La chiesa possiede le statue, dell'inizio di questo secolo, dei Misteri del Venerdì Santo, parte delle quali sono allineate a fianco all'altare sinistro della crociera.
Data ultimo aggiornamento: 24/09/2018