La pittura tardogotica nel Salento
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Questo itinerario ci porta alla scoperta dei tesori nascosti della pittura Tardogotica nel Salento, diffusa tra la fine del Trecento e la metà del Quattrocento in Terra d’Otranto. Numerosi edifici religiosi custodivano infatti cicli di affreschi e dipinti, ora quasi del tutto perduti. A Nord di Lecce possiamo incontrarne un primo esempio: l’affresco dell’Annunciazione nell’Abbazia di S. Maria di Cerrate, chiesa legata alla cultura italo-greca. Procedendo verso Lecce raggiungiamo la Chiesa dei Santi Niccolò e Cataldo. Tra le opere di questo periodo spicca il polittico di Lorenzo Veneziano, giunto in Italia meridionale da Venezia. In origine nel Monastero delle Benedettine di San Giovanni Evangelista, fu trasferito nell’ottocento al Museo Provinciale Sigismondo Castromediano. Esempi di pittura murale nelle dimore nobiliari, come nella Cappella della Maddalena del Castello di Copertino, attestano come a quei tempi l’arte fosse un importante strumento di affermazione del potere politico. La grande Chiesa di Santa Caterina a Galatina, fondata da Raimondo Orsini del Balzo e da Maria D’Enghien, è l’unico esempio di chiesa in Puglia con un così esteso ciclo di affreschi. Da citare anche la piccola Chiesa di Santo Stefano a Soleto, degli stessi committenti. Altre testimonianze di maestranza tardogotica si possono osservare nella Chiesa di Santo Stefano a Soleto, nel Santuario della Lizza ad Alezio e nella Chiesa di San Nicola o Santa Maria de Itri.
Abbazia di Santa Maria di Cerrate
A pochi chilometri da Squinzano, vicino Lecce, c’è un luogo speciale che merita assolutamente di essere visitato. Sto parlando dell’abbazia di Santa Maria di Cerrate, da poco riaperta alle visite dopo i lavori di restauro. Secondo la leggenda fu Tancredi d’Altavilla, conte di Lecce, a fondare questo monastero dopo aver inseguito una cerbiatta in una grotta durante una battuta di caccia e aver visto la Madonna. In realtà fu Boemondo d’Altavilla che qui, agli inizi del XII secolo, costituì una comunità di monaci greci. Col tempo l’abbazia divenne uno dei centri monastici più importanti dell’Italia meridionale, che comprendeva anche una biblioteca e uno scriptorium cioè un luogo in cui i monaci ricopiavano i manoscritti. Nel Cinquecento attorno all’abbazia sorsero anche stalle, un pozzo, un mulino, frantoi ipogei e le case dei contadini che qui si dedicavano alla coltivazione del tabacco, degli ulivi e di altre piante. Insomma, una piccola comunità agricola e monastica immersa nel verde.
Museo Castromediano di Lecce
Lo sai che a Lecce si trova il più antico museo di Apulia? Si tratta del Museo Provinciale Sigismondo Castromediano, che prende il nome da colui che lo fondò nel 1868: il duca di Cavallino, un uomo con una grande passione per le arti, la letteratura e l’archeologia. La ricchezza delle collezioni di questo museo è davvero unica e consente di ripercorrere la storia del territorio salentino dalla Preistoria ai giorni nostri. Puoi così scoprire come vivevano gli uomini nelle grotte e quali strumenti adoperavano, oppure ammirare i vasi a figure nere e rosse ritrovati nei siti archeologici delle antiche città messapiche, come Rudiae, o ancora esplorare la vita quotidiana in età romana attraverso i numerosi reperti esposti. Il museo comprende anche una pinacoteca, dove si conservano quadri e altri oggetti d’arte, come vasi, bronzi, argenti. Infine, c’è un padiglione interamente dedicato a Tito Schipa, un tenore leccese vissuto tra Ottocento e Novecento e conosciuto per il suo talento in tutto il mondo.
Complesso degli Olivetani - Chiesa dei Santi Nicolò e Cataldo
La chiesa dei Santi Nicolò e Cataldo fu costruita, assieme al vicino monastero, nel 1176 per volontà di Tancredi d’Altavilla, conte di Lecce e ultimo re dei Normanni. La facciata è monumentale e se la guardi con attenzione, noterai che ci sono elementi architettonici tipici dello stile romanico più sobrio, come il portale e il rosone, e altri riconducibili al barocco leccese, più ricco ed esuberante, come lo stemma in alto, al di sopra dell’iscrizione dedicatoria, dei monaci olivetani e ben dieci statue. Questo perché alcuni secoli dopo l’originaria costruzione, la facciata venne rifatta da uno dei maggiori scultori barocchi: Giuseppe Cino. All’interno la chiesa ha una forma a croce latina, con la navata centrale coperta da volta a botte e quelle laterali da volte a crociera. Ci sono vari altari dedicati a diversi Santi, tra cui Nicolò e Cataldo, e c’è anche la tomba di un poeta leccese: Ascanio Grandi.
Chiesa di Santa Maria delle Grazie (Matrice)
Nella piccola piazzetta di Campi Salentina, al centro tra il palazzo marchesale e la chiesa della Santissima Trinità, troneggia la chiesa di Santa Maria delle Grazie, che fu costruita nel Cinquecento ma poi rimaneggiata nei secoli successivi. La statua della Madonna, in mezzo a cherubini e altri Santi, la puoi vedere in cima al portale principale dell’edificio. Da lassù sembra voler vegliare su tutti gli abitanti del paese e i fedeli che si radunano in chiesa per pregare. Il portale è assai particolare anche perché è affiancato da quattro colonne che sembrano dei tronchi in pietra, avvolti da foglie di vite e grappoli d’uva. In alto c’è il rosone maggiore, mentre altri due uguali ma più piccoli si trovano al di sopra dei portali laterali. All’interno l’edificio è diviso in tre navate (ossia in tre lunghi corridoi) e ha l’aspetto tipico di una chiesa barocca ricca di stucchi, cappelle, altari, statue in cartapesta. Tra il Seicento e il Settecento qui lavorarono fianco a fianco, probabilmente influenzandosi a vicenda, artisti leccesi e napoletani.
Cripta in località Furana
Molti secoli fa, a Veglie e in tutto il territorio circostante, donne e soprattutto uomini si ammalavano spesso di favismo, una malattia dovuta all’ingerenza di fave e legata ad un difetto genetico. Chi ne era affetto si recava in preghiera nella chiesa del convento della Favana o nella vicina cripta e, dopo aver pregato per ore, pian piano iniziava a guarire. Questa piccola cripta, realizzata tra IX e XI secolo, è ancora oggi visibile; vi si accede dopo aver percorso un corridoio e poi una scalinata che immettono in un ambiente a navata unica scavato nella roccia. L’aspetto singolare è dato dalla presenza di affreschi che la rivestono interamente, soffitto compreso. Se si solleva lo sguardo ci si ritrova sotto un cielo trapunto di stelle, in cui si riconoscono i simboli dei quattro evangelisti: il Leone, l’Angelo, il Toro e l’Aquila. Sulle pareti spiccano sul fondo rosso le figure di Dio padre, della Vergine con Bambino e di diversi Santi tra cui S. Michele Arcangelo, S. Francesco e altri ancora.
Castello di Copertino - Cappella di Santa Maria Maddalena
Uno degli ambienti più suggestivi del castello di Copertino è la cappella intitolata a Santa Maria Maddalena. L’accesso si trova a metà dello scalone che dal cortile interno conduce al secondo piano. Un tempo le pareti di questo piccolo ambiente, che fungeva da cappella privata delle nobili famiglie che risiedettero nel castello, erano completamente affrescate. Nel Cinquecento, però, quando quest’ala della fortezza venne ampliata e la cappella demolita, gli affreschi vennero danneggiati, tanto che oggi di alcuni di essi si possono vedere solo le sinopie, cioè i disegni preparatori, di altri invece è stato eseguito il restauro. Le scene raffigurate fanno riferimento a episodi della storia di Maria Maddalena, ma anche della vita di Cristo, come la Natività, la Fuga in Egitto e l’Ultima Cena. Sui muri originari della cappella vi sono anche gli stemmi delle famiglie Enghien-Brienne, Orsini del Balzo e Chiaromonte, che furono proprietarie del castello in periodi diversi.
Santa Maria della Neve
Nelle campagne di San Donato di Lecce, immersa tra uliveti e ruderi di un antichissimo passato, c’è una piccola chiesa che è un vero e proprio gioiello artistico: Santa Maria della Neve. Fu costruita intorno al Trecento, ma è stata poi più volte rimaneggiata nei secoli successivi. Basta osservare attentamente le murature per accorgersene: si vedono tracce di archi non più esistenti, stili decorativi differenti, come se più edifici fossero stati affiancati l’uno all’altro. Varcata la soglia, ci si ritrova in un ambiente silenzioso e raccolto, come la maggior parte delle chiese di campagna. Sulle pareti vi sono tracce di affreschi, dai colori ancora accesi, che un tempo dovevano interamente ricoprirle. Si distinguono figure di Santi come San Giovanni Battista, San Francesco, Santa Caterina e poi una Madonna con uno strano turbante sulla testa. Accanto ad un’altra Maria con Bambino c’è un’iscrizione che recita “de li Pisanei”, Madonna alla quale un tempo la chiesa era dedicata.
Cattedrale di Nardò
La cattedrale, dedicata a Santa Maria Assunta, si trova nel cuore del centro storico di Nardò. Come molte altre chiese, anche questa venne costruita al di sopra un edificio religioso più antico, probabilmente fatto innalzare da alcuni monaci nel VI secolo. L’attuale basilica venne ricostruita a partire dall’XI secolo, all’epoca dei Normanni, e fu prima intitolata a Santa Maria de Nerito e poi a Santa Maria Assunta. Più volte è stata rimaneggiata e ristrutturata nel corso dei secoli successivi, anche a causa dei danni riportati a seguito di un terremoto. Se guardi la facciata, noterai che ci sono tre portali d’accesso, tutti e tre sormontati da rosoni. Da questo puoi intuire facilmente che all’interno la basilica è divisa in tre navate (corridoi); su quelle laterali si affacciano tante cappelle, molte con delle strane colonne che si attorcigliano su sé stesse, dette per questo tortili. In una di queste cappelle trovi un Crocifisso, scolpito nel legno di cedro, che ritrae un Cristo con la pelle scura.
Basilica di Santa Caterina a Galatina
La basilica di Santa Caterina d’Alessandra fu realizzata tra il 1369 e il 1391 da Raimondo Orsini del Balzo, principe di Taranto, il quale di ritorno dalle Crociate portò con sé un dito della Santa. La reliquia è conservata ancora oggi all’interno della chiesa. Se guardi la facciata vedrai che è un mix di due stili architettonici: gotico e romanico. Il portale principale è fiancheggiato da due colonne che poggiano su due leoni. La cuspide centrale, il tetto a punta, è sormontato da una croce al centro e ai lati da due statue: una di San Francesco d’Assisi, l’altra di San Paolo Apostolo. Al centro della facciata vi è un bellissimo rosone a raggiera. L’interno della basilica è a cinque navate. Pareti, pilastri, archi, volte… ogni angolo è ricoperto da affreschi: una pinacoteca vera e propria! Fu Maria D’Enghien, moglie di Raimondo, a chiamare artisti da ogni parte d’Italia affinché li realizzassero. Rappresentano scene della Genesi, del Nuovo Testamento, dell’Apocalisse e della vita di Santa Caterina.
Chiesa di Santo Stefano
Nel Comune di Soleto, in provincia di Lecce, c’è una piccola chiesa, quasi nascosta tra gli edifici che l’affiancano, che merita senza dubbio di essere visitata, perché al suo interno nasconde una vera e propria galleria di affreschi! Si tratta della chiesa di Santo Stefano, fatta costruire a partire dal 1347 da un ignoto fondatore. È un edificio religioso in stile bizantino, che non a caso per molto tempo è stato frequentato anche da fedeli di origine greca. Sulla facciata in pietra leccese svetta il piccolo campanile a vela; un tempo davanti al portale c’era un protiro, cioè una specie di piccolo portico, di cui oggi non rimane nulla. Varcata la soglia d’ingresso si rimane letteralmente a bocca aperta: l’aula interna è completamente rivestita lungo le pareti di affreschi dai colori ancora brillanti, eseguiti tra Trecento e Quattrocento. Sono raffigurati alcuni episodi della vita di Gesù, come il Battesimo e la Crocifissione, e poi il Giudizio Universale con al centro l’arcangelo Michele vestito da cavaliere.
Santuario di S. Maria della Lizza ad Alezio
Il santuario di Santa Maria della Lizza si trova sul punto più alto di Alezio. E sai come si chiamava il paese in età messapica? “Alixias”, da cui appunto deriva Lizza o Alizza. Secondo alcuni la costruzione della chiesa risalirebbe al X secolo, secondo altri al XII-XIII secolo, all’epoca della dominazione normanna e sveva. Una cosa però la sappiamo con certezza: quando Carlo I d’Angiò assediò Gallipoli, tra il 1268 e il 1269, la chiesa divenne sede del vescovo. Fu il papa di allora, Giovanni XXII, a scrivere al vescovo Alezio e a chiedergli di trovare soldi per ricostruire la cattedrale, che da Gallipoli venne spostata appunto ad “Alicia”. L’edificio ha la forma di una croce e l’ingresso è preceduto da un torrione in cui si apre un grande arco. Le pareti interne un tempo erano quasi completamente ricoperte da affreschi, di cui oggi restano solo pochi frammenti. Tra questi uno dei più celebri è quello che raffigura Santa Maria della Crociata o dell’Alizza, una Madonna con il Bambino.
Chiesa di San Nicola o Santa Maria de Itri
La chiesa di cui voglio parlarti si trova a Nociglia, nel Salento, e per accedervi bisogna entrare in un’altra chiesa. Sì, hai capito bene, una chiesa nella chiesa, come le scatole cinesi. La chiesa in questione è di epoca bizantina e fu dedicata prima a San Nicola e poi a Santa Maria de Itri, parola che deriva dal greco ‘Odegitria’, ossia Madonna del buon cammino. Per visitarla bisogna attraversare una porta che si trova dietro l’altare della moderna chiesa di San Nicola. Si tratta di un piccolo edificio, coperto da un tetto a spiovente in legno, interamente affrescato. Gli affreschi, che furono eseguiti da un certo Francesco da Arezzo, si datano al Trecento, Quattrocento e Cinquecento. Tra le figure dipinte puoi riconoscere anche San Nicola nell’atto di benedire. Sulla parete di fondo c’è un altare con varie statue, tra cui quelle della Madonna, di Santa Irene e di Santa Marina. Nel pavimento si apre una botola e dalla grata che la ricopre si vedono i resti di un cimitero medievale.
Cripta della Madonna della Grotta
La Cripta della Madonna della Grotta si trova poco fuori Ortelle, non lontano dalla chiesa di San Vito. Si tratta di un luogo di culto molto suggestivo, completamente scavato nella roccia tufacea. L’aspetto esterno, semplice e privo di ornamenti, contrasta con il tripudio di colori che ricoprono le pareti rocciose all’interno. Non si conosce con precisione il periodo di costruzione, forse il Duecento; di sicuro la cripta faceva parte di un complesso ipogeo ben più esteso. Quando si varca la soglia d’ingresso si è invasi da una sensazione di stupore; l’interno sembra una grande grotta divisa in tre navate (corridoi) da due arcate. Ogni navata termina con una nicchia, al cui interno c’è un altare. I tre altari sono dedicati alla Madonna delle Grazie, a Sant’Eligio e ai Santi Medici; pare ce ne fosse un quarto dedicato a Santa Chiara. Le pareti sono ricoperte da dipinti che raffigurano Santi, episodi biblici e l’Eterno Padre con le braccia rivolte verso un cielo pieno di stelle, assieme ad una colomba e allo Spirito Santo.