La Puglia nella Preistoria
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Tracciando un percorso che attraversa da nord a sud il territorio pugliese, partiamo dal Passo di Corvo, il più grande villaggio neolitico presente nel Tavoliere, per poi raggiungere gli antichi insediamenti delle grotte Paglicci e Manaccora. La presenza dei villaggi preistorici costieri documenta la vita dei popoli degli ipogei con il santuario della fertilità di Trinitapoli e i reperti del Museo del Pulo di Molfetta. Ad Altamura, l’Homo di Neanderthal rinvenuto nelle grotte di Lamalunga, è stato fedelmente ricostruito nel Museo Archeologico e rappresenta uno tra i più importanti reperti paleontologici presenti in Puglia, come anche quello di “Delia”, la Donna di Ostuni, i cui resti sono conservati nel Museo di civiltà preclassiche della Murgia meridionale. Procedendo lungo la linea costiera adriatica si giunge a Roca Vecchia, un sito che già dalla prima metà del II millennio rappresentava uno dei più importanti insediamenti della protostoria nel Mediterraneo, mentre nell’entroterra, un’eccezionale concentrazione di Dolmen e Menhir costituisce a Giurdignano il “giardino megalitico”. Procedendo infine sulla costa a sud di Otranto, raggiungiamo la Grotta dei Cervi, in località Porto Badisco, un insediamento che prende il nome dalle raffigurazioni pittoriche realizzate nel neolitico medio e ancora visibili all’interno della grotta.
Grottone di Manaccore
Il Grottone di Manaccora si affaccia sulla omonima baia, lungo la costa tra Peschici e Vieste. La sua storia ha inizio nel secondo millennio a.C., durante la Media Età del Bronzo, quando gli uomini che all’epoca abitavano questo territorio utilizzarono i numerosi anfratti che lo caratterizzano per poter celebrare i propri culti. In seguito, alcune cavità vennero anche adoperate come sepolcreti: uomini e donne vennero seppelliti assieme con corredi costituti da gioielli, armi e vasi in ceramica. Nella Tarda Età del Bronzo, intorno al 1000 a.C., la funzione della grotta mutò nuovamente; in questo periodo cunicoli e cavità furono usati come ambienti in cui vivere o lavorare la lana o il latte. Per molti secoli la grotta è rimasta abbandonata o è stata adoperata dai pastori come ricovero per le greggi. Venne riscoperta casualmente nel 1930 e da allora è iniziato un lungo periodo di scavi e ricerche che ne hanno confermato l’unicità e l’importanza.
Grotta Paglicci
Sul Gargano, nel territorio di Rignano Garganico, si trova uno dei siti archeologici più belli d’Italia: la Grotta Paglicci. Pensa che fu abitata incessantemente da 200.000 a 11.000 anni fa! La vicinanza a corsi d’acqua e la presenza di boschi ricchi di animali selvatici favorirono l’insediamento. La grotta è conosciuta non solo per i numerosi manufatti in selce e in osso e per i resti ossei degli animali uccisi che qui sono stati ritrovati, ma anche perché in età paleolitica i suoi abitanti cominciarono a dipingere sulle pareti rocciose. Ancora oggi sono ben visibili figure di animali come i cavalli e poi tante mani, alcune ottenute imprimendo direttamente sulle pareti le mani imbevute di colore, altre spruzzando i pigmenti naturali attorno ad esse. All’interno della grotta sono stati anche ritrovati due scheletri umani riconducibili alla specie cosiddetta di Cro-Magnon. L’uno apparteneva ad un ragazzino di 11-13 anni di 24.000 anni fa, l’altro ad una ragazza di 18-20 anni morta circa 23.000 anni fa.
Parco archeologico di Passo di Corvo a Foggia
Lungo la strada che collega Foggia a Manfredonia c’è uno dei siti neolitici più grandi di tutto il Tavoliere: il sito di Passo di Corvo. Sai come venne scoperto? Fu avvistato per caso nel 1943 da uno degli aerei che sorvegliavano la zona della Royal Air Force, l’aeronautica militare britannica. Questo antico villaggio fu abitato per un periodo di tempo compreso tra il VII e il V millennio a.C. La caratteristica di questo sito è la presenza dei cosiddetti compounds, ovvero fossati a forma di C, all’interno di ciascuno dei quali si trovavano le capanne. Tutt’attorno al villaggio vi era poi un fossato più lungo che si estendeva per circa 6 km. All’interno del parco oggi si può visitare una capanna ricostruita in maniera simile a quelle qui realizzate in antico, sulla base dei dati raccolti grazie agli gli scavi archeologici. In questo modo puoi scoprire cosa gli abitanti dell’epoca mangiavano, quali attività praticavano, come e dove conservavano le derrate alimentari e altre abitudini domestiche.
Museo Civico Trinitapoli
Lo sai che in Puglia c’è un sito dell’Età del Bronzo paragonabile per importanza a Stonehenge in Inghilterra? Sto parlando del Parco archeologico degli Ipogei, a Trinitapoli. Si tratta di un grande santuario composto da due ipogei, detti dei Bronzi e degli Avori, che venne realizzato intorno al 1800 a.C. Gli ipogei sono due grandi camere scavate nella roccia, a cui si accede dopo aver percorso una rampa a cielo aperto (dromos) seguita da un corridoio sotterraneo (stomion). Nella volta di ogni camera si apre al centro un foro attraverso cui fuoriuscivano i fumi; devi sapere, infatti, che questi ipogei venivano adoperati per compiere riti legati alla caccia e all’abbondanza del raccolto. In seguito vennero utilizzati come sepolture collettive: qui furono sepolti più di 200 individui, sia adulti che bambini. Tra gli oggetti del corredo ritrovati dagli archeologi e oggi conservati presso il Museo archeologico di Trinitapoli, i più strani sono un cinghiale e un idolo con corna taurine in avorio; ti segnalo, inoltre, il ricco corredo della “signora delle ambre”, relativo ad una sepoltura di un’importante donna dell’epoca.
Pulo di Molfetta
Sai che cos’è un pulo? Si tratta di una grande voragine di origine carsica, formatasi in seguito al crollo di numerose grotte sotterranee. In Puglia ce ne sono diversi ed uno dei più famosi è quello di Molfetta. Pensa che il processo di formazione di questa voragine è iniziato 250 milioni di anni fa e di fatto non si è mai concluso. Questa è la ragione per cui i visitatori del pulo non possono entrare in tutte le grotte o appoggiarsi alle pareti rocciose, perché il rischio di cadute di massi è molto alto. Lungo le pareti a strapiombo del pulo si aprono delle grotte, tutte comunicanti tra di loro e in epoca preistorica utilizzate come abitazioni o luoghi di sepoltura. La più importante è la Grotta del Pilastro, così chiamata perché nel livello superiore dei tre livelli da cui è formata c’è al centro un pilastro. Nel Settecento, i sovrani borbonici fecero costruire nel pulo una nitriera, cioè una fabbrica dove si estraeva e lavorava il nitrato, un sale particolare, qui presente, da cui si ricavava la polvere da sparo.
Lamalunga (uomo di Altamura)
Nel 1993 alcuni speleologi, mentre esploravano in località Lamalunga, nel territorio di Altamura, una grotta in cui si erano calati attraverso un pozzo profondo circa 9 metri, trovarono uno scheletro umano così antico da essere interamente ricoperto da incrostazioni rocciose. Quelle ossa, come è emerso dalle analisi condotte su un frammento della scapola, appartenevano ad un individuo della specie di Neanderthal vissuto 150.000 anni fa. Probabilmente, mentre stava camminando, era caduto in un pozzo ed era rimasto intrappolato nella grotta senza possibilità di muoversi, a causa delle ferite riportate, e senza poter chiedere aiuto a nessuno. Una morte lenta e atroce. Il suo scheletro ha rappresentato tuttavia per gli studiosi una miniera di informazioni: grazie a speciali fotografie delle ossa, eseguite con strumenti all’avanguardia, è stato possibile realizzare un modello in scala dell’uomo di Lamalunga, che oggi è possibile vedere presso il Museo Archeologico di Altamura.
Palazzo Baldassarre (uomo di Altamura)
Oltre al Museo archeologico e al Centro Lamalunga, c’è un altro posto che devi assolutamente visitare ad Altamura. Si tratta di Palazzo Baldassarre, un edificio costruito tra Cinquecento e Seicento da una famiglia di costruttori e imprenditori, che si trova nel centro storico. All’interno del palazzo è ospitato un museo che attraverso fotografie, disegni, fossili e vari oggetti esposti ci riporta assai indietro nel tempo, quando tutto è cominciato. Si scopre, allora, come si è formata la Apulia e come si presentava milioni di anni fa, povera di vegetazione e ricca di grotte. E poi si arriva al periodo in cui sono comparsi i dinosauri, le cui impronte sono ancora oggi visibili, ad esempio a cava Pontrelli. Infine si giunge all’epoca in cui il genere Homo ha fatto la sua comparsa. E proprio ad Altamura, nella grotta di Lamalunga, è stato ritrovato lo scheletro di un Uomo di Neanderthal di 30.000 anni fa. Nel museo puoi vedere la ricostruzione della parte di grotta dove lo scheletro è stato scoperto.
Museo Archeologico di Altamura
Se hai voglia di conoscere meglio la storia antica della Apulia, uno dei musei archeologici da visitare è quello di Altamura. Fu inaugurato nel 1993, in un periodo di importanti scoperte archeologiche, come quella dello scheletro di Lamalunga o delle impronte di dinosauri nella cava Pontrelli. Qualche anno fa gli archeologi che ne curano l’allestimento hanno deciso di rinnovarlo, per fare in modo che la visita al museo possa risultare il più possibile coinvolgente. Il percorso parte dal primo piano, con numerosi reperti che si datano dalla preistoria all’età medievale. Il secondo piano è invece interamente dedicato al Paleolitico; qui, l’elemento di maggiore attrazione è senza dubbio il calco in scala reale dell’uomo di Neanderthal trovato nella grotta di Lamalunga. Bruttino, vero? Grazie ad alcune postazioni multimediali puoi scoprire come vivevano gli uomini di quel tempo. Nel museo è allestita anche una mostra dedicata al pane che, come noto, è uno dei prodotti più tipici di Altamura.
Cava dei dinosauri (cava Pontrelli)
Se hai una passione per i dinosauri, sappi che in Apulia c’è un posto davvero speciale dove puoi vedere dal vivo le loro impronte. Pensa: circa 26.000 orme per una superficie totale di 15.500 mq! Si tratta della cosiddetta 'Cava dei dinosauri' o Cava Pontrelli, nel territorio di Altamura. Il sito fu scoperto casualmente nel 1999 all’interno di una cava di pietra non più in funzione. Si data al periodo Cretacico, intorno a 85-80 milioni di anni fa. All'epoca la nostra regione assomigliava ad una grande palude ricca di vegetazione tropicale, periodicamente sottoposta ai fenomeni di alte e basse maree. Queste impronte sono la traccia fossile lasciata nella pietra dalle passeggiate di enormi quadrupedi erbivori che si muovevano alla ricerca di cibo. Dopo gli studi avviati negli anni scorsi, recentemente gli icnologi (i paleontologi che studiano le impronte dei dinosauri) dell'Università La Sapienza di Roma hanno iniziato un meticoloso lavoro di rilievo e catalogazione delle impronte, per approfondire le caratteristiche di questi erbivori giganti.
Museo delle civiltà preclassiche di Ostuni
Se vuoi scoprire la storia del territorio di Ostuni, dalla preistoria sino ai giorni nostri, devi visitare il Museo di civiltà preclassiche della Murgia meridionale che si trova nei locali dell’ex monastero carmelitano di Santa Maria Maddalena dei Pazzi e all’interno della vicina chiesa di San Vito Martire. In realtà questo edificio, costruito nel Settecento al posto di una precedente chiesa crollata per un terremoto, è conosciuto con il nome di “Monacelle”. Il percorso di visita museale parte proprio da qui, dove sono esposti reperti di età messapica, medievale, rinascimentale e moderna. Spostandoti nelle restanti sale trovi invece oggetti vari (ceramiche, reperti in selce, ecc.) provenienti dalle grotte costiere frequentate in età neolitica. La più famosa è quella di Santa Maria di Agnano e proprio in una sala del museo puoi vedere il calco della cosiddetta ‘donna di Ostuni’, la ragazza vissuta 28.000 anni a.C. morta a 20 anni, pochi mesi prima del parto, e sepolta in una fossa all’interno della grotta.
Museo del sottosuolo di Latiano
Quella ospitata nel museo del sottosuolo di Latiano, vicino Brindisi, è parte di una ricca collezione di fossili, minerali e reperti faunistici che Pietro Parenzan, naturalista e professore universitario, di origini croate ma morto a Taranto agli inizi degli anni ’90, raccolse nel corso della sua vita e delle sue missioni in giro per il mondo. Pensate che aveva solo 8 anni quando, con il consenso dei genitori, iniziò a raccogliere tutto ciò che di straordinario il mare restituiva. Dopo la sua morte, la direzione di questa collezione fu affidata ad uno dei suoi principali e più fedeli collaboratori, Michele Camassa, che decise di trasferirla appunto a Latiano, all’interno della ex abbazia cinquecentesca di Santa Margherita. Il museo comprende quattro sezioni, rispettivamente dedicate alla biologia del sottosuolo, con resti di animali provenienti dalle grotte di tutto il mondo; alla geologia; alla paleontologia animale e vegetale (fossili) e alla paleontologia umana (resti antropici).
Roca Vecchia
Hai mai sentito parlare della Grotta della Poesia? Si tratta di una grotta collegata al mare attraverso un canale, che si trova lungo il tratto di costa che collega Lecce ad Otranto, a Melendugno. D’estate molti si tuffano nelle sue acque, ma un tempo era un importante luogo di culto. La grotta si trova poco lontano da un sito archeologico che sorge su uno sperone roccioso a picco sul mare: Rocavecchia. Il sito era abitato già nel II millennio a.C. da genti che avevano contatti commerciali con la Grecia. Per tutta l’Età del Bronzo (XV-XI sec. a.C.) qui sorse un villaggio fortificato che fu più volte distrutto e poi ricostruito. L’occupazione del sito continuò fino al II sec. a.C., quando venne abbandonato per molto tempo. Intorno alla metà del XIV secolo il conte di Lecce Gualtieri di Brienne ricostruì Roca trasformandola in una cittadella fortificata in grado di resistere agli attacchi dei Turchi. In seguito divenne anche rifugio per uomini dediti alla pirateria, fino a quando nel 1544 fu definitivamente rasa al suolo.
Grotta del Cavallo (Nardò)
La Grotta del Cavallo si apre sulla Baia di Uluzzo, lungo la costa ionica di Nardò. Si tratta di uno degli insediamenti in grotta preistorici più importanti non solo di Puglia e d’Italia ma di Europa, questo perché gli studiosi che qui conducono le ricerche da molti anni hanno trovato tracce di vita che coprono un arco di tempo compreso tra il Paleolitico (circa 120.000 anni fa) e il Neolitico (10.000 anni fa). Due sono le fasi di occupazione più importanti della grotta. La prima è quella cosiddetta musteriana; in questo periodo vi abitarono uomini della specie di Neanderthal, capaci di lavorare la pelle, scheggiare la selce e fabbricare utensili. Nei periodi più freddi davanti alla grotta si estendeva una vasta prateria occupata da cavalli, in quelli più caldi boschi con cervi e cinghiali. Nel periodo uluzziano, invece, a partire da 45.000 anni fa, nella grotta comparvero i primi uomini della specie Sapiens; lo sappiamo perché sono stati ritrovati due denti oggi esposti presso il museo di Nardò.
Grotta dei Cervi a Porto Badisco
Nel 1970 alcuni speleologi si introdussero in una grotta sotterranea vicino Porto Badisco. Immaginate la sorpresa quando si accorsero che le pareti erano ricoperte di pitture rupestri! Quella scoperta casuale fu l’inizio di un lungo periodo di ricerche archeologiche che hanno confermato l’unicità della grotta: uno dei complessi pittorici di età neolitica più importanti d’Europa! Inizialmente venne chiamata “Antro di Enea”, perché secondo una leggenda Enea sarebbe sbarcato proprio qui. In seguito è stata ribattezzata Grotta dei Cervi perché tra le principali scene raffigurate vi è quella della caccia al cervo. Le pitture, che si datano al IV millennio a.C., sono state realizzate in bruno e rosso, utilizzando pigmenti naturali. Oltre a scene di caccia, animali e figure femminili, ce ne sono altre che rappresentano simboli astratti oppure le impronte di piccole mani, forse di ragazzi come voi. In questa grotta si svolgevano dei riti in onore della Grande Madre, una divinità antichissima.